Tempietto di Colledestro a Pieve Santo Stefano (Arezzo)
Il cosiddetto Tempietto di Colledestro è un edificio di pianta ottagonale documentato dal sec. XVI sulla riva destra del torrente omonimo, affluente del Tevere (S. Gradi, La chiesa di Santa Maria del Colledestro a Pieve Santo Stefano, <<Pagine Altotiberine>> 2, 1997, pp.70-80). L’esistenza, già in epoca romana, di emergenze monumentali in quell’area è testimoniata da un’epigrafe rinvenuta nel 1636, che risulterebbe ancora esistente presso il Museo Archeologico Nazionale di Firenze.
L’aspetto attuale è frutto di sistemazioni successive; tutti i dipinti murali esistenti sembrano potersi datare ai secoli XV-XVI. Tra di essi, quello dell’altare maggiore rappresenta La Madonna in trono col Bambino tra due santi, dei quali quello di sinistra è identificabile con San Giovanni Battista, mentre quello a destra è raffigurato in vesti di monaco, con la barba bianca, il mantello, il libro e il bastone. Per queste caratteristiche, la figura è stata letta genericamente come benedettino, o come camaldolese, giungendo a proporre una identificazione con San Romualdo, oppure, anche in considerazione della limitata leggibilità del dipinto, che impedisce di escludere la presenza del porchetto, con Sant’Antonio Abate. L’identificazione con quest’ultimo è ampiamente giustificata anche dal fatto che, nel secolo XIX, nel corso di un intervento operato nell’edificio da un eremita che vi aveva stabilito la propria abitazione, risulta costruito un altare dedicato proprio al Santo (E. Agnoletti, Viaggio per le valli valtiberine toscane, Città di Castello 1979, pp.338 ss.).
Nei secoli la devota frequentazione del sito ha subito un calo progressivo a favore del Santuario della Madonna dei Lumi, ma la sua posizione, del tutto particolare, ha continuato a destare interesse negli studiosi (si veda Il tempietto di Colledestro, ricerca eseguita nel 2015** dagli allievi dell’ Istituto per Geometri di Città di Castello).
Si tratta di un luogo posto a un crocevia –un quadrivio- tra due direttrici di cui la principale è rivolta verso la Viamaggio (e quindi verso l’Adriatico) e l’altra è nettamente perpendicolare. L’incrocio – come risulta da foto d’archivio- era segnalato, fino al secolo scorso, da una croce viaria. A fronte della preponderante dedicazione mariana, in questo luogo sia la citata iscrizione che la ricorrente presenza dell’ immagine di San Cristoforo testimoniano il riferimento cultuale alle acque del fiume; inoltre la documentata scelta da parte di eremiti, la posizione in corrispondenza di un incrocio di vie e l’ambiente agreste sembrano segnalare la non casualità della presenza dell’immagine di Sant’Antonio. A fronte di ciò, l’indagine sul campo, ora avviata, non ha sinora comportato riscontri relativi a cerimonie di guarigione e di benedizione di animali, per lo meno nel secolo scorso, lasciando aperta la questione a ulteriori verifiche e approfondimenti.